I vini delle isole minori

“Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla”.

(Nicolas Boileau)

Questa estate parrebbe attrarre i turisti italiani verso mete nazionali, caratterizzate dal non essere centri aggregativi di moltitudini di soggetti; ma cosa vogliamo nello specifico? Quali mete pensiamo possano attrarre i nostri sensi?

Tutti conosciamo i percorsi del vino dei territori vocati e, fortunatamente, in Italia ogni Regione è un territorio ricco di tradizioni enologiche. Ciò nonostante, in pochi conoscono i vini che si producono nelle isole minori. Il più noto è lo Zibibbo di Pantelleria ma anche altre isole sono contenitori di piccoli tesori enoici. Ponza, ad esempio, con il suo “Fieno di Ponza” è il luogo dove i vigneti sono scoscesi sul mare con pendenze che arrivano a 40°; il “Kalimera Biancolella” dell’isola d’Ischia, dalle note fruttate e acidità importanti che regalano al palato una piacevole persistenza gustativa; il “Bianco Pomice” di Lipari dove le varietà Carricante e Malvasia sono il tratto distintivo di un vino dai sentori olfattivi floreali e fruttati con prevalenza di agrumati e note tostate di vaniglia; l’isola di Capraia ci accoglie con un “Aleatico rosato” dalle note fruttate agrumate e di fragola ed un inaspettato sentore floreale di rosa. Ecco che le mappe enologiche del territorio nazionale si arricchiscono di altri vini, non omologabili e diversi tra di loro, che in comune hanno l’essere prodotti in isole lontane e diverse tra di loro ma legate da un unico filo conduttore: essere un sorso di mare.

Il domani immediato del turismo sarà svago e cultura, rilassamento e conoscenza ma soprattutto idee tese ad intercettare i bisogni più reconditi del nuovo viaggiatore. Immaginazione e fantasia dovranno essere al servizio di nuove forme creative che permettano a noi, turisti, di essere dei consum-attori ed al contempo rimettere in moto, in maniera sistemica, il turismo nel nostro Paese. Raccontare questi vini significa creare un film emozionale dato dal prodotto e dal posto che lo caratterizza.

Noi tutti siamo fatti d’acqua e parlare di questi vini e del mare significa raccontare gli uomini nel loro impegno di gelosi custodi di tradizioni e territori, di prodotti e fatiche. Intrecciare percezioni visive ed olfattive, liberando le spinte sinestesiche di ognuno, permette l’estrazione di descrittori per potere espandere le potenzialità descrittive delle esperienze sensoriali di ciascuno di noi ma soprattutto di chi, in quei territori, produce e custodisce.

Pietro Aloisio